Il Curtis Vadi palestra di democrazia

Il Curtis Vadi ha compiuto dunque 55 anni, come ricordato nel numero scorso da Pier Paolo Simonato. Un percorso che parte dal 1968, non un anno a caso, ma un periodo che ha profondamente inciso sulle coscienze, sulla società in maniera indelebile: un tempo, quello, di rinnovamento e di presa di coscienza sulla libertà e sulla democrazia.

Un gruppetto di studenti che ha avuto il coraggio e forse l’incoscienza della gioventù, di dare voce al malessere esistenziale, di rompere l’isolamento che le periferie subiscono, di scuotere da uno statico perbenismo caratterizzato da luoghi comuni, il tutto attraverso la stampa, ha raggiunto un traguardo eccezionale.

In quegli anni di fermenti civici e proteste studentesche, seguivo papà Tarcisio chiamato a dirigere il giornale dai suoi fondatori, con il primo ciclostilato chiamato Il Domani. Le riunioni in oratorio erano una palestra di democrazia, di confronto di idee, di lunghe mediazioni, di insistite battaglie a difesa dei propri scritti presentati per l’approvazione della redazione. Un termine troppo offensivo, una virgola, un titolo, potevano scatenare le reazioni dei componenti che ne chiedevano la sostituzione, ne disapprovavano magari il contenuto, ne contestavano la pubblicazione.

Quanto siamo cresciuti in quegli anni di militanza sincera, ci siamo forgiati alla dialettica, alla tolleranza (anche i più cocciuti) avendo per interlocutori un parroco agguerrito e brillante culturalmente: don Aldo Pagnucco, che arrivò una domenica mattina, inforcando la sua bicicletta e facendo svolazzare la sua mantella nera corvo, imprecando contro papà e il Curtis Vadi. Una volta fatto accomodare in casa e ammansito di fronte ad un bicchiere di vino, si strinsero la mano. Ma le critiche piovevano dal mondo dei lavoratori che ci accusavano di non aver attenzione per gli operai e il mondo sindacale, rimproverandoci di essere figli di papà, le porte di alcune famiglie si chiudevano quando facevamo la distribuzione porta a porta del giornale, la politica dapprima ci sottovalutò poi interagì allorché criticavamo la situazione delle aziende FIAM o Vittadello o iniziavamo a contestare sversamenti inquinanti nei fiumi o insediamenti ecologicamente insostenibili.

Lunghi pomeriggi a casa di Adalberto Leandrin ad assemblare articoli, titoli, spazi, dove Lucio suo fratello copriva sapientemente le notizie sportive e prima, all’esordio, nelle notti estive a casa di Walter Marzin, vicedirettore e braccio destro di Tarcisio, a sviluppare le fotografie da incollare nel giornale.

Ovidio Dri, Andrea Variola, Magda Gruarin, Luigi Nicodemo, Edo Gasparotto, Dario Bigattin, Sandro Colloredo e don Paolo Brunetti: in tanti si sono alternati e hanno contribuito a rendere il Curtis Vadi una degna voce di Cordovado. Curando e proponendo anche molte iniziative, concerti, conferenze, mostre, una su tutte la riapertura di Palazzo Cecchini dopo il restauro con la prima mostra antologica sul pittore Luigi Duz, (a giugno 2024 ricorre il 50-esimo di quell’evento), a dare lustro a un progetto che ha messo al centro del suo agire la comunità cordovadese. Tanti bravi e appassionati redattori e direttori si sono alternati in questi 55 anni, hanno consentito una continuità davvero straordinaria. All’attuale redazione, l’augurio di arrivare alla cifra tonda dei 60 anni e poi oltre.

La polvere delle stanze dell’oratorio, la luce soffusa di quegli spazi seminterrati, il freddo, le esagitate discussioni e l’amicizia mi mancano come quegli anni di sogni e di utopie, di speranze e di traguardi raggiunti.