Cordovado 1918-2018: cento anni dalla Prima Guerra Mondiale

Il calendario “Caritas parrocchiale”, nella sua sesta edizione, ha trattato nel centenario della fine della prima guerra mondiale, il tema “Cordovado e la Grande Guerra”.

Con riferimento speciale ai suoi soldati, chiamati a difendere il sacro suolo della Patria e i famigliari a casa, che seguirono gli avvenimenti con apprensione e paura. A Cordovado era stato organizzato un ospedale da campo per assistere i feriti provenienti dai luoghi di battaglia.

Nel calendario troverete tre foto prese dall’archivio storico della Biblioteca Nazionale Austriaca di Vienna, con vedute del castello e del nostro santuario. Altre foto d’epoca di rara bellezza sono state fornite dalla collezione del dott. Luca Tomat e dalla collezione di Roberto De Caro dell’Ass. Alpini di Cordovado. Le lettere dei Cordovadesi al fronte appartengono al dott. Giuliano Abate-Bazzana, mentre i testi del calendario sono stati scelti dal diario di Don Bertolissi e da ricerche su archivi dell’epoca. Nel mese di febbraio, viene riportata l’Enciclica ad beatissimi, il suo “urlo contro la guerra” definita da Papa l’inutile strage.

Il calendario annuale della Caritas parrocchiale vuol essere una presenza nella comunità, un servizio e soprattutto un ringraziamento per l’aiuto e la disponibilità, che la popolazione offre all’Associazione, che si è presa a carico con un progetto di “solidarietà”, le esigenze minime dei più bisognosi. È un progetto, che vede coinvolti i servizi sociali comunali e altri organismi parrocchiali.

In breve, la storia degli anni 1917 e 1918 a Cordovado. Tutto il fronte sulle Alpi friulane, dal Pal Piccolo al Pal Grande (montagne difese dagli alpini e dai bersaglieri) e delle ormai famose trincee del Carso, furono per anni teatro di scontri e di inutili morti, a cui segue poi la “disfatta di Caporetto” (24 ottobre 1917), che trasformò la guerra, da guerra di montagna in un conflitto più ampio, coinvolgendo i paesi di pianura; fra questi anche Cordovado “paese invaso da truppe austro ungariche (in friulano MUCS) sotto l’alto comando austriaco, con sede a San Vito al Tagliamento.

Subito dopo la disfatta, all’approssimarsi delle truppe nemiche, centinaia di friulani lasciarono i propri paesi e in particolare Udine, che divenne una città deserta. Anche su indicazione dei comandati italiani, si diressero verso il Tagliamento, trasformando la “pontebana” in una strada di impensabile traffico. Per superare i tre ponti di legno su un Tagliamento in piena non fu facile, soprattutto quando il nemico si avvicinava velocemente. Cordovado, come altri paesi della zona, furono partecipi ed impegnati ad assistere ed accogliere i “fratelli” ospiti.

aMa presto il “fronte Tagliamento”, che doveva essere il punto di fermata dell’avanzata nemica, decadde, e le gerarchie militari italiane optarono per il “Piave” quale fiume più adatto alla difesa. Ed è cosi che i cordovadesi da ospitanti dovettero seguire le indicazioni perentoriamente ordinate dai comandi, ovvero quella di lasciare il paese per luoghi lontani più sicuri L’esodo comportava anche quello di spostare oltre alle genti anche animali e “ricchezze”, questo perché al nemico non doveva essere lasciato nulla. Per molti non fu possibile andare oltre il Piave, rimanendo in paese caddero sotto la stretta vigilanza del nemico, pertanto controllati a vista e spesso sfruttati dai nuovi padroni. Basta leggere il diario di Don Eugenio Bertolissi, parroco di Morsano, che viveva a Cordovado, che quotidianamente annotava i disagi e le angherie.

La sede del comune di Cordovado, con tutto il distretto del sanvitese, si trasferì a Firenze e l’allora segretario comunale sig. Antonio Bazzana ebbe un ruolo importantissimo nel seguire i compaesani rimasti in paese e i soldati al fronte. Chi si trovava in zona ancora italiana (oltre Piave), quali i nostri soldati, scriveva al segretario comunale per avere notizie e per avere la documentazione necessaria per accedere al contributo che lo Stato italiano mise a favore di chi risiedeva in zone occupate; erano lettere semplici, ma piene di attenzioni. Passarono duri mesi pieni di incertezze, che si conclusero positivamente con la fine della guerra.