Il maestro innamorato

Nei primi anni Sessanta c’era un maestro di Cimolais che abitava con la sua anziana mamma nell’appartamento sopra l’officina di mio papà. Insegnava alle scuole elementari a Cordovado. Era innamorato di una ragazza che viveva di fianco a casa mia. Lui, quasi ogni giorno chiudeva a chiave i bambini in aula, si metteva davanti alla finestra dell’amata e per ore cercava di rendersi simpatico con raffiche di battute spiritose e ilarità.

Una volta, addirittura, è entrato in asilo ed è salito su un albero fino all’ultimo ramo e anche da là chiamava la sua adorata. In quell’occasione chiamai il dottor Galassini, allora medico di base a Cordovado, perché era lui che decideva se il maestro potesse essere da manicomio, ma quello scese dall’albero prima del suo arrivo. Qualche notte restava davanti al balcone e ogni volta che l’orologio del castello batteva le ore, lui urlava il nome della ragazza e poi aggiungeva: “sono le due e tutto va bene!”, e così via per tutte le ore fino al mattino. Dal retro della casa lanciava vasi di fiori sul cortile di lei per farsi sentire. Siamo riusciti a mandarlo via solo perché mio fratello si sposava e doveva andare ad abitare in quell’appartamento. In quegli anni, tra l’altro, avevamo un cane lupo per fare la guardia.

Un giorno una signora che abitava a circa trecento metri da casa nostra, ci disse che il nostro cane aveva ammazzato le sue galline e le aveva portate via. Increduli, andammo nell’orto a vedere se era vero, ma non trovammo niente. La mattina, per giunta, il Bobi era nel cortile che dormiva. Dopo un paio di giorni, andando a dare un’occhiata nei pressi della roggia Ligugnana, sulla riva trovammo mezze seppellite otto galline. In una notte, saltando il muretto dell’entrata al castello era riuscito a portarle a casa e sotterrarle. Ecco perché quella mattina dormiva ancora: aveva lavorato tutta la notte. Chiedemmo scusa e le pagammo. Da quella volta, la sera lo tenemmo legato.

Piero Dorigo