Quale futuro per i giovani?

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Vorrei porre l’attenzione sul problema dei giovani il quale a mio avviso, oggi, viene affrontato solo apparentemente e superficialmente. O peggio, lo si affronta con il solito metodo che io chiamo della ruota bucata, si provoca il guasto e poi si ripara il buco.

Non dovrebbe funzionare così neanche nel caso delle biciclette, perché non ho mai visto ciclisti, salvo non siano masochisti, buttarsi i chiodi sulla pista ciclabile. Invece noi abbiamo cominciato a farlo, e ai giovani, oltre a non creare nuove vie di uscita, costruiamo, talvolta ad arte, difficoltà nell’accedere a quelle poche vie rimaste, sempre meno aperte.

Non si può pretendere che i giovani abbiano nel loro bagaglio di partenza tutte le capacità e le risorse per crearsi da soli il posto di lavoro. In tutte le epoche ed in tutti i settori, i giovani iniziano come apprendisti, poi gradualmente maturano e si inseriscono a pieno titolo ai vari livelli del mondo del lavoro. Il semplice sentirsi appartenenti ad esso dà pieno senso alle nostre vite, che uno sia imprenditore, operaio, politico, o qualsiasi altra professione si voglia aggiungere. Il fatto che sia stato sempre così, non deve essere certamente una scusa a trovare nuove strade di uscita, ma certo non si potrà mai prescindere dai meccanismi umani di apprendimento che si fondano sui rapporti emotivi della persona (famiglia, società, scuola, cantiere, ecc.) con i suoi simili. Reinstaurare il processo didattico di dare una attività ai giovani, e pretendere un impegno in questo senso, è una responsabilità a cui nessuno può sottrarsi. Questo impegno lo prendo di persona, oltre che pretenderlo da tutti, qualsiasi ruolo si abbia.

Non possiamo solo colpevolizzare il mercato, le crisi, la bassa redditività, che pure senza colpe non sono, ma dobbiamo chiederci se vogliamo una comunità in grado di rigenerarsi tenendosi aperta la strada per migliorare moralmente e non solo materialmente.

In sostanza: o troviamo per tutti una valida alternativa al meccanismo lavoro/contributi/servizi, oppure ripristiniamo il metodo e solo il metodo utilizzato dall’organizzazione TodT – correva l’anno 1943 – che era quello di occupare tutte le persone valide dai 14 ai 65 anni per raggiungere i suoi obiettivi non condivisibili. Per la cronaca, uno condivisibile l’ho trovato, la costruzione delle traverse sul fiume Tagliamento, in anticipo sui tempi e già allora più evoluta della tecnicamente arretrata soluzione delle vasche di espansione all’interno del letto del fiume, proposta la bellezza di cinquant’anni dopo dai nostri contemporanei geni.

Opere di utilità, di solidarietà e sostenibili ce ne sono a bizzeffe e non servono tanti soldi per mettere in moto un ciclo virtuoso, ma tanta Voglia e Costanza. La Voglia purtroppo non si trova dietro l’angolo, e spesso, quando la si trova, abbiamo l’amara sorpresa di scoprire che si trattava di Mala Voglia. La Costanza, invece, sembra svanita nel nulla ed oggi appare introvabile. Forse è stata sostituita dall’atteggiamento di onnipotenza che si sente sempre più spesso provenire da destra e da manca e che promette miracoli, talvolta anche ad effetto retroattivo

Queste ultime parole sembrano lasciare pochi spazi al seme della speranza in un miglioramento della situazione. Ma i semi germogliano proprio negli angusti spazi delle fessure, e l’albero della speranza ha radici profonde. Il pessimismo che oggi aleggia nell’aria non è che una inebriante brezza sulle sue foglie.

M. P.