Quel maggio stregato

Maggio magico. Luci misteriose, presenze inquietanti, atmosfere barocche.

Le storie di fantasmi sono per molti versi affascinanti, poiché “pescano” a piene mani nelle paure più recondite dell’uomo, ma spesso non hanno dietro alcuna sostanza. Né materiale, né immateriale.

Sono soltanto “scherzi”, per così dire, che a un certo punto prendono la mano ai protagonisti. Proprio con la chiave della burla ben riuscita va riletto un vecchio episodio cordovadese, che alla vigilia dell’estate puntualmente torna a galla nei racconti da bar. Come è successo in questi giorni, facendo il paio con altre “leggende” della zona, dalla casa stregata dei Paludi di Morsano al “mostro” del lago Paker di Bagnarola, per alcuni pescatori un luccio di proporzioni colossali, più ancora di quello fotografato a suo tempo a Cesena di Azzano Decimo.

L’apparizione

Sono i primi giorni del maggio del 1970, non a caso il mese dedicato alla recita del Rosario, quando si diffondono le “voci”. Partite con timidezza, attraverso qualche bisbiglio sul sagrato del Duomo di Sant’Andrea, ma in realtà – come si capirà soltanto dopo – diffuse ad arte. Un po’ alla volta diventano argomento di larga discussione nei locali pubblici, al campo sportivo di via delle Rogge, davanti all’oratorio e tra gli studenti di elementari e medie. In un piccolo paese succede poco, impossibile perdere una così ghiotta opportunità. «Nel parco di Villa Freschi-Piccolomini, accanto alla chiesa, dopo il Rosario si vedono luci strane vagare nel buio e poi scomparire all’improvviso», è l’incipit. Possibile? L’incredulità va sospesa, complice il rapido crescendo, con l’aggiunta via via di particolari stimolanti tra i giovanissimi protagonisti del tam-tam: «Si è sentita una voce lamentosa», «Sta succedendo qualcosa di sovrannaturale», «Ho visto un fantasma». Bum, ecco il botto tanto atteso.

Del resto a quei tempi il parco sul retro del Duomo è in realtà un boschetto lussureggiante, con una semplice rete, malconcia e rugginosa, vanamente impegnata a tenere fuori il mondo. Niente illuminazione nel piazzale della chiesa, né altri elementi in grado di favorire gli osservatori esterni, che aumentano progressivamente a scapito del rito sacro interno.

Mistero

È un crescendo. I ragazzi più intrepidi, tutti rigorosamente under 14, si organizzano per una serie di “battute di caccia”, introducendosi nel sito stregato anche da altre “entrate”. Ne fa le spese la rete, forzata in più punti. Ed ecco che inevitabilmente, in una sera di luna piena, il fantasma viene notato da lontano, con la sua luce tremula appresso. La “banda” lo insegue, ma la pista è presto persa tra i rovi. I giovani testimoni il giorno dopo narrano in classe la loro impresa da coraggiosi cacciatori di spettri, moderni Carnacky: «L’abbiamo visto tutti, ma è sparito subito». La sera dopo un’altra spedizione, un secondo avvistamento e un’ulteriore vana corsa nel buio, gridando per farsi coraggio a vicenda contro l’ombra del male. Gli “esorcisti fatti in casa” si moltiplicano e anche i “grandi” cominciano a parlare sorridendo della vicenda. Nel parco, che – non si scordi – è proprietà privata della famiglia Freschi-Piccolomini, le presenze si moltiplicano. Il 29 maggio, non a caso con l’ultimo Rosario del mese, il gioco termina e il “fantasma” si lascia docilmente catturare. Dal lenzuolo spunta un quasi maggiorenne. Con l’ausilio di una vecchia torcia, e d’accordo con un gruppetto di amici-fiancheggiatori, rivela di aver messo in piedi la mascherata per farsi beffe dei più piccoli. Così finisce la caccia e comincia la leggenda. Ma quanta nostalgia per quel maggio stregato, di un’epoca ricca di socialità franca e condivisa, lontana dall’isolamento dei cellulari. Oggi gli “spettri” sono altri.