Una conversazione con Nin e Nora Coassin, agricoltori per vocazione e per scelta

Non è stato facile indurre Giovanni Coassin ad accettare l’invito a lasciarsi “intervistare” per il Curtis Vadi e vincere la iniziale resistenza che con modestia opponeva alla richiesta di parlare di sé e della sua originale esperienza di agricoltore professionale.

Ma credo che ne sia valsa la pena e che il racconto di quella esperienza possa offrire ai lettori di oggi una testimonianza preziosa, che può contribuire alla conoscenza di una parte importante della storia della comunità cordovadese, nel periodo che va dalla seconda metà del secolo scorso fino all’epoca più recente; un periodo che ha visto il succedersi, nell’arco di due-tre generazioni, di grandi mutamenti sociali, economici e culturali, che hanno profondamente trasformato la fisionomia dell’antico borgo rurale dei primi due decenni del dopoguerra, quando la durezza delle condizioni di vita della popolazione delle campagne non lasciava spesso altra scelta ai più giovani che quella di abbandonare il paese ed emigrare.

Per Giovanni, nei primi anni sessanta, la scelta di non abbandonare il paese e di continuare a dedicarsi alla coltivazione del piccolo appezzamento di proprietà della famiglia è maturata presto, poco dopo la prematura scomparsa del padre Michele, con la chiara consapevolezza delle difficoltà da affrontare, ma in piena coerenza con le indicazioni e l’incoraggiamento ricevuto dal padre stesso, che di ritorno dalla guerra era rimasto a fare l’agricoltore per propria scelta, dopo che da giovane aveva vissuto l’esperienza dell’emigrazione in Francia.

Rispetto a molti coetanei di famiglie più numerose, Giovanni pensava allora di essere un po’ privilegiato, in quanto unico figlio maschio della famiglia, in cui poteva contare pienamente, per il necessario supporto al suo impegno lavorativo di agricoltore, sul sostegno sia della madre Lina che delle sorelle, e ben presto anche di Eleonora, la giovane che – come ricorda lei stessa nel corso della nostra conversazione – lo aveva voluto come marito sfidando le raccomandazioni di quelli che la sconsigliavano di “sposare un contadino”.

L’avvio dell’attività d’impresa
Sono gli anni in cui, dopo l’introduzione della legge nazionale del 1964 che sanciva l’abrogazione degli antichi contratti agrari di mezzadria, in precedenza largamente diffusi anche nei territori della bassa pianura friulana, si sviluppano decisamente condizioni nuove che richiedono la trasformazione delle strutture rurali della zona in aziende economicamente indipendenti, in grado di produrre reddito in misura adeguata ai bisogni della popolazione agricola rimasta.

È in questo contesto che Coassin intraprende l’attività per la costruzione della sua impresa, cominciando con l’impegnativo investimento per l’acquisizione, di nuove superfici da coltivare. Grazie anche all’apporto del lavoro degli altri componenti della famiglia, che insieme assicurano la copertura dei diversi compiti richiesti nella gestione di una attività produttiva che si diversifica in più settori colturali, la struttura aziendale accresce gradualmente le sue dimensioni fino a raggiungere l’estensione di nove ettari di terreno, cui si aggiunge la tenuta di una stalla ove sono allevati fino a sei capi di bestiame bovino.

Nei brevi cenni che Giovanni dedica alla descrizione delle varie difficoltà da superare nelle fasi iniziali dello sviluppo dell’impresa, ascolto con ammirazione il ricordo dell’episodio della costruzione, sul terreno aziendale, del grande capannone, da utilizzare come fabbricato di servizio necessario per la custodia di attrezzature e materiali: una operazione edilizia impegnativa di posa in opera di elementi prefabbricati e di una grande tettoia, realizzata per intero dal giovane Coassin mettendo a frutto la propria precedente formazione professionale di muratore e la breve diretta esperienza fatta in materia; e portata a compimento con successo avvalendosi solo del supporto di un “cantiere” composto per lo più da membri della famiglia.

In quello stesso periodo, al generale processo di formazione di moderne imprese agricole si accompagna la nascita di nuove strutture cooperative che svolgono un ruolo essenziale per la raccolta e commercializzazione dei prodotti conferiti dalle aziende socie. E i Coassin, la cui azienda si è caratterizzata fin dall’inizio per un’offerta di più generi di prodotti – da quelli della cerealicoltura ai prodotti viticoli, orticoli e zootecnici – concorrono attivamente allo sviluppo di questo importante movimento associativo che li vede tra i promotori e tuttora partecipi delle cooperative nate a Sesto al Reghena (Ramuscello), tra i viticoltori e tra gli allevatori.

I valori del lavoro
Una particolare importanza nello sviluppo della impresa è data dalla scelta di dedicare parte del terreno aziendale alla coltivazione del tabacco; una produzione che si rivela conveniente, anche per le favorevoli condizioni di prezzo allora vigenti nel mercato comunitario, idonea quindi per la sua redditività a fornire un buon apporto al bilancio economico dell’impresa. Le foglie di tabacco delle qualità pregiate “Maryland” e “Burley”, che costituisce la specie coltivata dall’azienda, trovano il loro mercato, nei primi anni della coltivazione, in uno dei maggiori centri di raccolta nazionale, a Bastia Umbra; successivamente, anche grazie all’iniziativa della Associazione tra i tabacchicoltori della zona, nuovi centri di stoccaggio si costituiscono nel Friuli occidentale e nel Veneto.

Anche nel racconto di questa parte della sua esperienza di conduzione dell’impresa, Giovanni tiene a sottolineare come sia sempre stata determinante la collaborazione diretta alla vita aziendale da parte di altri componenti della compagine famigliare, soprattutto per la gestione delle operazioni che caratterizzano le fasi conclusive del ciclo culturale, quelle della raccolta e della essiccazione del prodotto. Lo fa illustrandomi le immagini fotografiche di alcune “campagne” di raccolta del prodotto, risalenti ai primi anni duemila, che lo ritraggono assieme ai suoi collaboratori, appartenenti a due generazioni della famiglia, tutti impegnati nello svolgimento delle operazioni richieste; a cominciare dal taglio delle grandi foglie delle piante e dalla loro accurata suddivisione secondo la rispettiva misura e la qualità. Per poi procedere a infilzarle con fili metallici, preparandole così al processo di essiccazione, che ha bisogno di locali scelti per le giuste condizioni di ventilazione, individuati, soprattutto nei primi tempi, in spazi idonei di fienili o “tiese” messi a disposizione nelle case coloniche dei dintorni.

Mentre ascolto le parole con cui Coassin ripercorre rapidamente i diversi momenti di una esperienza professionale impegnativa, portata avanti sempre con grandi sacrifici ma con successo, mi sorge spontanea la considerazione che le immagini della raccolta del tabacco che mi vengono mostrate hanno anche un valore simbolico: appaiono espressione concreta dello spirito di solidarietà che ha sempre animato l’impegno suo e dei suoi famigliari nelle iniziative intraprese per la conduzione dell’impresa. Si tratta, così mi pare, di un atteggiamento di fiducia nei valori del lavoro e della cooperazione, che peraltro trova pieno riscontro nella partecipazione attiva dei coniugi Coassin alla vita delle organizzazioni della categoria, la cui presenza ha accompagnato e sostenuto il processo di ammodernamento dell’economia agricola del territorio.

Le esperienze amministrative
Spicca, in questo contesto, la scelta fatta dalla moglie Eleonora di accettare di assumere fin dal momento della sua fondazione, il ruolo di responsabile della “Consulta provinciale delle donne rurali”, l’organismo interno alla Associazione dei Coltivatori diretti, costituitasi nel 1968 a seguito della nascita della nuova Provincia di Pordenone. È un ruolo impegnativo di coordinamento di importanti attività di promozione della crescita sociale e culturale del mondo contadino, che ha richiesto capacità organizzative e spirito di sacrificio, qualità queste che Eleonora ha dimostrato di possedere e di saper impiegare in modo compatibile con lo svolgimento delle funzioni ricoperte nell’ambito dell’impresa famigliare.

Viste in questo quadro, anche le successive esperienze compiute dai due coniugi, con il loro coinvolgimento diretto nella vita democratica del paese di Cordovado, sfociate nell’assunzione di importanti responsabilità amministrative nelle istituzioni del Comune, appaiono come uno sviluppo logico e coerente delle capacità maturate nella conduzione dell’impresa e nell’impegno attivo nelle organizzazioni di categoria. È stata proprio Eleonora, dopo una prima fase che ha visto anche l’impegno diretto di Giovanni nel Consiglio comunale, ad avere ricoperto più a lungo e per più periodi incarichi diversi, come membro del Consiglio e successivamente all’interno della Giunta municipale, come assessore all’assistenza e alle attività culturali; infine, come responsabile dell’incarico da lei considerato forse il più delicato: quello di presidente dell’Asilo Cecchini.

È significativo il fatto che accanto agli impegni nell’attività amministrativa Eleonora abbia sempre affiancato anche quelli di carattere sociale svolti a servizio della comunità parrocchiale: nel gruppo corale cordovadese e nell’incarico che tuttora svolge per la cura del Duomo antico. Tutte attività nelle quali è state felicemente trasfusa la cultura del lavoro e della solidarietà, che ha caratterizzato nell’arco di più generazioni la vita di tante famiglie di agricoltori cordovadesi.