Un ricordo e una dedica

Pubblicato in Lettere

Carissimo don Gino, oggi siamo tutti qui presenti al tuo fianco per l’ultima volta. Ricordo ancora il tempo di quando eri ragazzo giovane e venivi ogni mattina nel Duomo Antico ad assistere alla Santa Messa che celebrava alle ore 6.00 Don Aldo Pagnucco.

Lasciavi la tua bicicletta nel cortile della casa di mio padre. Mi sovviene una confidenza che gli avevi espresso. Gli dicesti: “Bepi io voglio e devo diventare sacerdote per sempre e in eterno”. Una promessa meritata, realizzata, un voto da 10 e lode. Complimenti ancora. Sei stato un uomo che ha avuto la fede per credere, il coraggio per combattere e realizzare la tua vocazione ricevuta. Nella tua vita con tanta gioia hai appreso le lezioni del nostro sacerdote don Aldo e anche durante gli anni di studio in seminario hai mantenuto sempre quella religione cattolica romana che aveva trasmesso anche a tutti noi, con le preghiere in latino.

Avevi anche adottato il vestire con la tonaca nera, la divisa del sacerdote dei nostri tempi. Ricordo bene il giorno della celebrazione della tua prima Messa, anno 1971, in questo Duomo. Ti aveva accompagnato come da padrino l’allora sacerdote don Bruno, era stato parroco a Morsano. Ricordo benissimo le parole pronunciate all’omelia della Messa. Disse con una voce dolce e limpida: “È dura la vita per il sacerdote, il dover sempre amare il prossimo senza essere amati, è duro dover sempre perdonare senza essere perdonati, è duro il dover sempre dare senza mai ricevere, ma quello che è più duro per il sacerdote è l’essere sempre per gli altri, tra gli altri, degli altri, per poi non essere niente degli altri”.

Don Gino, noi qui ci rivolgiamo al Signore con queste parole: “Signore ricompensalo generosamente per tutto il bene che ha fatto nella sua vita, e il bene che ci ha sempre voluto”. Da stasera riposerai assieme ai tuoi cari, sarai con la tua mamma alla quale hai voluto rimanere sempre vicino per sostegno alla sua vita. Ricordati sempre di noi. Ti voglio dedicare una poesia del poeta Giovanni Pascoli che è realtà per noi qui presenti: “La quercia caduta”.

Michele Coassin