Anche la Protezione Civile di Cordovado sui luoghi del terremoto

Il recente sisma che ha colpito il centro Italia fra agosto e ottobre è stata l’ultima tragedia nazionale provocata da un evento naturale incontrollabile ma prevenibile. 299 sono le vittime del disastro, il quale ha scatenato una solidarietà nel nostro paese che riemerge sempre nei momenti critici, anche se magari vive nascosta nell’ordinario. Tra i volontari giunti sul posto ci sono anche due cordovadesi della Protezione Civile (Alberto Colavitti e Michele Cancian). Ecco la testimonianza di Alberto (che tra l’altro è anche un ex redattore di questo giornale).

A seguito dei primi eventi sismici, come si è mossa la Protezione civile?

“In caso di situazioni d’emergenza come gruppo di Cordovado facciamo capo al centro di Palmanova (sede regionale), il quale dirama gli avvisi alle varie sedi. Dopo la prima scossa c’è stata la convocazione iniziale di tecnici specializzati, che si sono subito recati sui luoghi dell’evento per realizzare le prime misure di sicurezza. Successivamente la macchina degli aiuti si è messa in moto ed è giunta comunicazione sulla ricerca di volontari pronti a partire. Dalla nostra regione sono partite in tutto 8 colonne di aiuti. Noi siamo partiti con la settima, qualche settimana dopo le prime scosse ma prima di quelle che a fine ottobre hanno devastato Norcia”.

Che interventi avete direttamente effettuato?

“Abbiamo contribuito allo smantellamento della tendopoli “Campo Friuli” e al montaggio dei primi moduli abitativi, resi necessari dalle condizioni atmosferiche e dal freddo. Altro compito importante era lo smistamento degli aiuti materiali, arrivati in massa anche più del necessario, spesso per spontanea volontà dei singoli che donavano tutto quel che potevano. Questi aiuti sono poi stati divisi tra Caritas e i vari campi per gli sfollati”.

Quali sono state le tue prime impressioni arrivando sui luoghi del sisma?

“Avvicinandomi e guardandomi attorno l’entusiasmo di aiutare con cui sono partito lasciava spazio allo sconforto. Ci si rende effettivamente conto di quello che è accaduto e si comincia a parlare con le persone. Ti raccontano come hanno vissuto quel momento, chi e cosa hanno perso. Allo stesso tempo, però, c’è nei loro occhi anche una luce di speranza e di forza per andare avanti. La vita normale stava già riprendendo attraverso i gesti quotidiani. La cosa più bella era vedere lo scuolabus che raccoglieva i bambini al mattino e le persone che si spostavano per andare al lavoro”.

Come sei tornato da questa esperienza?

“Ho vissuto emozioni mai vissute prima. I racconti del terremoto in Friuli sembrano una storia per chi è giovane. Quando invece le persone, ancora scosse, ti parlano del fatto appena accaduto e vedi il loro sguardo, allora pensi che tante cose ritenute importanti siano in realtà futili e viceversa. Perdere tutto ma avere vicino qualcuno come familiari e amici significa molto. Torni con un pensiero diverso, cercando di portare nel tuo mondo quello che hai imparato e di trasmettere le emozioni”.

Josef Martin