L’arcobaleno

Nella tarda primavera, periodo in cui possono alternarsi molto velocemente pioggia e sole, come del resto è accaduto più volte quest’anno, possiamo ammirare molto spesso lo spettacolo di un arcobaleno. Come mai la luce del sole che colpisce le gocce di pioggia si ”rompe” nell’arcobaleno di colori che poi noi vediamo? Si tratta dello stesso fenomeno che permette di suddividere la luce bianca in colori utilizzando un prisma di vetro o di plastica, scoperto dallo scienziato inglese Isaac Newton grazie ad una serie di esperimenti pubblicati nel 1672.

La luce bianca, così come la luce solare, è una combinazione delle diverse lunghezze d’onda visibili (che noi percepiamo come colore diverso). Il fenomeno che separa i colori a partire dalla luce bianca si chiama dispersione. La dispersione della luce nei vari colori dipende a sua volta da un fenomeno fisico che interessa tutte le onde, e che si chiama rifrazione. La rifrazione è la deviazione di un’onda che si manifesta quando l’onda passa da un mezzo di trasmissione ad un altro, ad esempio dall’aria all’acqua.

Possiamo osservare questo fenomeno anche per la luce: ad esempio, immergendo una matita in un bicchiere e osservandola di lato, la vediamo “spezzata” in due parti, a causa del fatto che la luce viene deviata passando appunto dall’aria all’acqua. Quindi, le varie lunghezze d’onda contenute nella luce solare entrano in una goccia d’acqua e vengono deviate diversamente; di seguito, “rimbalzando” indietro ed uscendo dalla goccia, vengono deviate di nuovo, producendo l’arcobaleno. L’effetto è più spettacolare quando lo sfondo del cielo è scuro, come nei temporali, ma può anche essere osservato nelle cascate o con gli impianti irrigatori dei prati o dei campi. A volte capita addirittura che vi siano due riflessi di luce all’interno della goccia d’acqua, e si hanno allora due arcobaleni, uno “primario” e uno “secondario”.

Lorenzo Marafatto