Una storiella di baccalà

PREMESSA

A guerra finita (aprile 1945), pur fra tante difficoltà, lentamente la vita delle famiglie riprese la normalità. I precedenti erano stati anni di povertà e paura, mancava quasi tutto e anche una piccola novità era ben accetta. Ne racconterò una con al centro il negoziante di generi coloniali nel borgo, Guido Tonelli (nella foto d’epoca, il negozio). Guido, di origini veronesi, è tuttora ricordato per essere stato una brava persona che aiutò i suoi clienti in quel lungo periodo di ristrettezze, segnando i crediti sui famosi libretti. Nei primi mesi del 1946, Guido riuscì ad ordinare una partita di baccalà, il merluzzo salato e seccato che arrivava in Italia in pesanti balle avvolte in sacchi di iuta.

I clienti si premurarono di mettersi in lista per acquistarlo e preparare quella gustosa pietanza di cui avevano persino dimenticato la ricetta. Da almeno un decennio, infatti, tra autarchia e guerra, nessuno lo aveva potuto mangiare. Dalle nostre parti il baccalà mantecato era cotto alla friulana dopo una lunga e meticolosa preparazione: era ottimo, servito ben caldo, accompagnato dalla polentina morbida e bollente. Un buon bicchiere di vino non doveva mancare.

LO SCHERZO

Il baccalà tardava ad arrivare, la prima frenetica aspettativa si stava affievolendo e sorgeva il dubbio che non sarebbe mai arrivato. A qualcuno venne l’idea di dare un’accelerazione alla faccenda e fare in modo che il tanto desiderato baccalà giungesse a destinazione. Era la primavera del 1946. Come vedremo, non si trattò di baccalà commestibile, ma di un esilarante, diabolico scherzo ai danni di Guido, condotto in assoluta segretezza. Il regista fu l’allora direttore della Banca del Friuli, che coinvolse un commerciante di legnami. Collaborarono alcuni giovani del borgo, un autista detto il “Dodge” e il capostazione. Per discrezione ometterò i nomi degli artefici. Per prima cosa, comunque, si accertarono del nome del grossista importatore del baccalà, e grazie al direttore della banca erano sempre al corrente del possibile arrivo. Poi, in un cortile, sotto una tettoia al riparo da occhi indiscreti, i giovani prepararono due balle cilindriche riempite con stecche di corteccia, tagliate a misura, che abbondavano tra il legname destinato alla vendita. Ben strette da fascette metalliche e avvolte con doppi teli ricavati da sacchi di iuta, nascondevano la vera natura del contenuto. In apparenza, due balle di baccalà. Contemporaneamente architettarono finte telefonate fra il grossista e Guido, per tenerlo sotto pressione e scoprire eventuali novità. In realtà il “grossista” era il direttore, il quale telefonava al commerciante di legnami (le telefonate erano smistate da un centralino, presso la famiglia Zigiotti) che a sua volta mandava a chiamare il dirimpettaio Guido. Questi era convinto di parlare con il suo fornitore. Il tira e molla proseguì per giorni. Intanto, le balle erano state predisposte alla perfezione, e alla fine di marzo il “Dodge”, con il suo camioncino di fabbricazione americana, le portò alla stazione ferroviaria di San Vito. Furono poi spedite, in treno, alla stazione di Cordovado, pagando il nolo dovuto. Una volta arrivate a Cordovado, il capostazione le tenne nel magazzino un paio di giorni e avvisò Guido Tonelli.

Così, almeno, mi è stato raccontato lo scherzo.

PESCE D’APRILE

La voce dell’arrivo delle balle si diffuse presto e Guido incaricò proprio il “Dodge” di ritirarle. In parecchi, uomini e donne, erano in attesa davanti al negozio. Il “Dodge” arrivò, le balle furono scaricate e Guido Tonelli tagliò la iuta. Ne aprì una freneticamente, ed ecco la sorpresa. Scoprì le stecche di legno e un cartone con la scritta “pesce d’aprile”. Gli ideatori, naturalmente, assistettero in prima fila. Furono così tempisti che lo scherzo si concluse il primo aprile 1946. Seguirono risate generali. Guido – sorpreso, allibito, incazzato – capì subito chi lo aveva gabbato: i suoi amici buontemponi, lì davanti, che sghignazzavano. Infine, da uomo bonario qual era, la prese con filosofia e offrì da bere, sottoponendosi di buon grado alle pacche sulle spalle degli ingegnosi autori dello scherzo. Tutto il paese ne parlò e le balle, pesanti più di un quintale ciascuna, rimasero alcuni giorni davanti al negozio, prima che il commerciante di legname le recuperasse per farne legna da ardere.

IL VERO ARRIVO

L’autentico baccalà infine arrivò, Guido fece buoni affari e tra gli acquirenti affiorava un malcelato sorrisino canzonatorio, con il pensiero rivolto a quello scherzo così ben riuscito, che con il tempo non fu del tutto dimenticato. Era del resto un altro modo di vivere, con persone semplici e genuine che a me pare meritino questo breve ricordo, in un contesto divenuto “quasi preistoria”.

Mario Monopoli