Memorie (a futura memoria)

Pubblicato in Lettere

Una volta compravo un chilo di pane, per la famiglia. Bastava. Poi hanno incominciato con l’Enel: troppe mangerie, troppi raccomandati là dentro. Bisogna “privatizzare”. Fatto! Dopo, la luce è costata di più. E io, ho potuto comprare solo 9 etti di pane. O pago la luce o compro il pane!

 

In seguito ci hanno detto: i telefoni non funzionano! Troppe mangerie, troppi raccomandati là dentro. Bisogna “privatizzare-razionalizzare”. Fatto! Dopo, il telefono è costato molto di più e funzionava peggio. Anche il pane. Potevo comprarne solo 8 etti. Le autostrade sono troppo care, sporche, piene di buche, hanno detto sempre quelli della “privatizzazione”. E le hanno vendute ai privati. Ora assomigliano a “reperti di strade romane” e sono le più care del mondo. E non posso comprare più tanto pane: solo 7 panini.

 

Ho fatto il pendolare tanti anni. Tanta puzza e sporco, ho visto. “Privatizzare” è stato l’ordine. Fatto! Ora i treni sono più sporchi di prima, costano più dell’aereo e metà di loro vengono “soppressi”. Devo andare a lavorare in macchina. E posso comprare solo 6 panini.

Quando andavo a scuola io, si poteva scegliere: Medie o Avviamento. Signori o poveri. Una ingiustizia. Per fortuna è cambiato. Ma, si dice in giro, la scuola non funziona! Troppi raccomandati, troppi sindacati, i maestri sono rossi, comunisti! Riformare. Più soldi ai privati. Fatto! Adesso: scuole private = tutti promossi; scuole pubbliche = tutti zucconi. Come una volta! E, intanto, i panini sono diventati 5.

Mio padre nascondeva quelle quattro palanche che risparmiava, sotto il materasso. Per paura degli zingari, che gliele rubassero. Ora agli zingari hanno messo la camicia bianca e la cravatta, rubano più degli zingari veri, di una volta, sono legalizzati e rispettati, anche se hanno portato la fame in tante famiglie.

Potrei proseguire ancora, sulla “privatizzazione” in Italia. Ma, mi è rimasto solo un panino e la gola secca. Apro il rubinetto dell’acqua. Per bere. Secco. Non ho pagato la bolletta.

Franco Daneluzzi