Le avventure dell’asinello Pinocchio

Questo articolo nasce per dare giustizia alla storia di un uomo e del suo asino. Quando ricevetti l’incarico di scriverlo non avrei mai pensato che mi sarei completamente persa dentro all’avventura che Pinocchio e Berto Tisiot hanno vissuto insieme per dieci anni, una storia che non ha niente da invidiare ad una vera e propria fiaba. E così inizia un racconto che racchiude in se amicizia, fortuna, scherzi del fato, speranze.

ANTEFATTO

Un giorno Berto e suo cognato Paolo erano diretti a Udine, per fare dei lavori insieme. Ad un certo punto, strada facendo, il loro sguardo fu attirato da un oggetto a dir poco raro, al giorno d’oggi: un piccolo e antico calesse, sotto alla tettoia di un vecchio caseggiato. Era solido e rievocava ricordi. A quel vedere Berto fu colto da sorpresa e da un’inspiegabile attrazione. Un’anziana signora uscì dalla casa e si avvicinò loro. Raccolto il coraggio Paolo e Berto le chiesero: “signora, le serve quel calesse?”. Lei rispose: “no, perché?” “Potremmo prenderlo noi?” – aggiunsero. “Sì sì, come vuole… anzi, mi fa anche un piacere se lo porta via, perché occupa solo spazio”. “Quanto le dobbiamo?” chiese Berto, mettendo mano al portafoglio, ma la signora: “ma si figuri, dovrei pagarla io perché me lo toglie dai piedi! Anzi, salite a prendere un caffè!” I due erano smaniosi di portarlo via al più presto, temendo che magari il marito della signora arrivasse a casa e fosse contrario, però non sapevano dove caricarlo e così, mentre aspettavano il cugino in arrivo con un camioncino, accettarono di buon grado la bevanda. Poco dopo erano sulla strada di ritorno, soddisfatti di quel regalo.

21 NOVEMBRE 2001, DIECI ANNI FA

Berto e Paolo erano alla pesca di Teglio Veneto, e reggevano in mano i biglietti. In palio c’era un asino. Si erano innamorati dell’animale, che sembrava buono e socievole. Però Berto era sfortunato al gioco, così, volendo portare a tutti i costi l’asinello a casa cercò di convincere il parroco, responsabile dei premi, a venderglielo. Si rivelò un osso duro. Non restava che sperare in un colpo di mano nella pesca. E la sorte lo accontentò: Paolo riuscì a vincere Pinocchio. Da quel giorno Berto e Pinocchio fecero conoscenza, e diventarono amici. Fu allora che nacque l’idea di assegnare a Pinocchio il compito di guidare il calesse per le vie di Cordovado: un docile e affettuoso ciuco per la felicità dei bambini.

A un certo punto fu deciso che Pinocchio fosse ceduto da Paolo a un signore di Teglio, per l’impossibilità di tenerlo. Quando lo seppe, Berto rimase deluso: avrebbe potuto tenere lui il ciuco e ingaggiarlo per portare il bel calesse! Berto si mise subito alla ricerca dell’asino ma quando arrivò dal signore, suo conoscente, questi gli disse che l’aveva venduto a persone di Cintello, che l’avrebbero portato al macello. Berto era allibito, ma non si arrese: avrebbe salvato quell’asino! Offrì una bella somma, ma il suo amico era indeciso. Che figura ci avrebbe fatto poi con quelli di Cintello? Gli avevano anche offerto di più! Tentennava e non voleva proprio cedergli Pinocchio. “Ma dai”, diceva Berto “dà a me l’asino, piuttosto che mandarlo a morire!”. Insisti che ti insisti, Berto riesce per la seconda volta, grazie alla sua perseveranza, a conquistare ciò che desiderava.

 

E fu così che per i due iniziò un’amicizia che era molto più di un semplice legame tra animale e padrone. Berto fece di Pinocchio non il suo asino, ma un asino libero e per la gioia di tutti: Pinocchio divenne l’asino di Cordovado, che voleva bene a Cordovado. E volle portarne alto l’onore: vinse infatti per due anni consecutivi il Palio dei Mussi di Teglio, e alla fine fu cacciato perché se avesse vinto per la terza volta, conquistandosi il trofeo, avrebbe suscitato le proteste degli abitanti del paese veneto, non essendo il suo padrone del posto. Insomma, Pinocchio teneva a noi e noi a lui. Io stessa avrei voluto conoscerlo di più: ricordo di averlo visto, da piccola, al palio e a Natale, circondato da bambini, felici e stupiti come me.

Purtroppo, dal 6 marzo 2011, Pinocchio non c’è più, se n’è andato da qui, chissà dove. Mi dispiace per Berto e per tutti i bimbi che non potranno più ridere gioiosi davanti a quell’asinello che era un vero e proprio destriero. Una sola speranza: che si sia trasformato in bambino anche lui, per l’incantesimo di una fata dai capelli turchini.

Eleonora Sara Gennari