Intervista a Stefano Bagnarol

Arriva puntuale all’ora convenuta per un caffè. Calzoni corti, camicia colorata e occhiali scuri che manterrà per tutta la durata dell’intervista, forse per proteggersi dal sole, forse per osservare meglio il mondo continua fonte di stupore… Stefano Bagnarol, restauratore di opere pittoriche, lignee, affreschi.

 

> Come e quando ha cominciato questa professione?

“ Ho fatto il liceo artistico a Venezia e già questa professione mi affascinava. Poi finito il liceo, ho avuto modo di collaborare con persone importanti come Giancarlo Magri, Renato Portolan, Lizzi e tanti altri tra cui Antonio Bigolin, molto noto nel trevigiano e non solo il quale mi ha permesso di partecipare ad un importante restauro su un ciclo pittorico di Vitale da Bologna. E’ una grande passione, anche se non é sempre stato facile …”

> Ha mai pensato di smettere?

“Si, certo. Come dicevo questo lavoro non é certo facile. Non é il classico lavoro d’ufficio e tanto meno un lavoro commerciale…. Non si vende nulla. E ogni tanto bisogna abbandonare l’idea del restauratore romantico dell’Ottocento che dava nuova vita alle opere su cui interveniva sorretto solo dal suo entusiasmo. Questo é un mestiere complesso; si devono conoscere bene i materiali, l’intento dell’esecutore originario,
le tecniche migliori e molto altro. Un restauratore non é sempre e solo un artista: ogni tanto é anche un ricercatore, un manovale. E poi noi viviamo in un momento difficile; ci sono ben pochi investimenti sull’arte, poca cultura e poca curiosità.”

> Qual é stata le sua più grande soddisfazione?

“Questo lavoro é una soddisfazione continua che cresce poco alla volta. Ad esempio, ricevere l’incarico per un intervento sapendo di essere stato preferito ad altri colleghi anche più famosi, é già una grande soddisfazione! Se proprio vogliamo trovarne una, direi l’ultima che riguarda l’interno del Duomo di Caorle. La gente si è complimentata con me. Vuol dire che sono riuscito a rendere merito all’opera originale!”

> Ha mai lavorato all’estero? Ed eventualmente, ci sono differenze nel modo di trattare l’arte in Italia e oltre il confine?

“Ho lavorato a Londra un periodo. Il lavoro più o meno é lo stesso: dipende dall’opera su cui si fa l’intervento. Ciò che cambia é il concetto di restauratore, all’estero questa professione é concepita in modo diverso; c’é più rispetto, gli si attribuisce molta più importanza. Che peccato: abbiamo un paese ricco d’arte e non la sappiamo amare…..”

> Qual é, se c’é, l’opera su cui Lei sogna di fare un intervento?

“Io non sogno in grande, resto con i piedi per terra. Per fare un esempio, io sono molto affezionato all’ambiente di Portogruaro e sarei felice se mi venisse chiesto di poter restaurare la Chiesa che si trova nell’Ospedale Vecchio: ha una navata stupenda. Mi piacerebbe molto lavorare anche su opere di Cima da Conegliano; artista come pochi: forse poco noto nelle nostre zone ma molto amato a Londra. La Gioconda? No, quella no…. c’é già troppa gente che fa la fila ….. Meglio Piero della Francesca…!”

> Quali devono essere i principi guida di un bravo stauratore?

“Deve restare fedele all’opera anche nella sua essenza” Quale consiglio potrebbe dare a quei giovani che sognano di intraprendere questa professione? “E’ un mestiere bellissimo ma come ho detto difficile. Non basta studiare la teoria a scuola: bisogna provare sul campo. Come dicevo, ogni tanto il restauratore diventa ricercatore ma anche manovale: e non é facile. Ma se la passione é veramente grande allora si supera tutto e si va avanti altrimenti….”

> C’é qualcosa che vuole aggiungere a questa intervista?

“Ringrazio tutti quelli che hanno accolto questa mia passione e mi hanno sostenuto in vari modi. Ci sono persone che hanno visto la mia passione e mi hanno aiutato. A loro il mio grazie. Di cose spiacevoli non dico nulla, evito le polemiche!”